giovedì 10 giugno 2010

L'educazione televisiva dei bimbi e degli adolescenti di ieri e dei consumatori-elettori di oggi

I bambini lasciati davanti alla televisione hanno assorbito un surrogato della realtà, fatto di storie di cartoni animati, di filmetti , quasi tutti americani e giapponesi, girati infondendovi “valori” che poco o nulla avevano a che vedere con le tradizioni e la realtà sociale europea in generale ed italiana in particolare. Storie di cartoni animati di “supereroi” dai poteri straordinari quanto assurdi e lontani da ogni realtà della vita, superpoliziotti falsamente umani, sempre con l'automatica in pugno, che fanno a pistolettate per le strade come usava in America del Nord ai tempi della “nuova frontiera” e del “far west” che sono rimasti nella “tradizione” americana come sostituto della giustizia e inno al farsi giustizia da se, come anche storie e cartoni animati di eroine dolcissime e smielate alla Heidi e l'ape Maya in cui presentatrici-cantanti-cantastorie  alla Cristina D'Avena hanno diffuso il sottofondo canzonettistico con titoli e testi farciti di parole e nomi privi di etimologia e per lo più di estrazione anglosassone, con le convincenti e rassicuranti pubblicità di prodotti assolutamente inutili o in sostituzione di quelli tradizionalmente casalinghi.
Il tutto in un miscuglio di  apprendimento tramite la “finestra televisiva” che ha presentate solo sciocche e false istanze, “quasi”valori, conclusioni di storie a lieto fine ma senza capo né coda, socialmente vuote, contenenti disvalori e non-valori, privi di una qualsivoglia logica educativa e pieni di piccoli slogan, di frasi fatte, di americanismi beceri e gesti a scatti da rapper.

Un esempio che posso raccontare è quello di mia figlia che vedeva la pubblicità televisiva di un prodotto da forno e che lo voleva a tutti i costi. La portai al bar e glielo comprai, dicendole “assaggialo e vedrai che non è come dice la televisione”. Lei l'assaggiò e rispose:”ma è cattivo!” “Già” - l'incalzai - “te l'avevo detto che è cattivo, che è solo pubblicità, la pubblicità serve per far credere che si tratti di roba buona”. Da allora la bimba non ha più voluta roba reclamizzata, ma solo quella fatta dalla nonna o da me. Ma fui rimproverato dalla moglie che mi disse che così avrei fatto della bimba una disadattata perchè tutte le sue compagne di scuola e i suoi amichetti l'avrebbero allontanata se non avesse avuti gli stessi gingilli (“gadgets”) e gli stessi gusti degli altri. Pessimo esempio di conformismo.

Naturalmente, anche i politici hanno la loro parte, dalla parte del manico del coltello. Oggi il Berlusconi interpreta il ruolo del buono-rude che lotta  durante la storia e che vince alla fine come i supereroi, come gli sceriffi, come  fingevano e ancora fingono gli attori statunitensi di Hollywood e dintorni, come hanno finto – e recati danni alla loro come alla nostra società – i vari Reagan, Schwarzenegger, Carfagna, Carlucci, Barbareschi.
Questa la colpa delle generazioni che – troppo occupate con il lavoro, con il furbesco successo sociale, e anche con le serie televisive degli anni ottanta e novanta – hanno affidata la prole alle interessate cure dei programmi televisivi e dei film per bambini e ragazzi. Questi “spettacoli” hanno immeritatamente preso il posto delle favole raccontate dai genitori e dai nonni che avevano ben altro fine educativo, tutto orientato allo sviluppo della persona ed alla formazione del carattere, all'insegnamento di come non cacciarsi nei guai, a come uscire dalle beghe.

Ma anche gli adulti – o supposti tali – si lasciano “permeare” da questi esempi televisivo-cinematografici. Non è affatto vero che il cinema rispecchia la realtà, come alcuni cinematografari asseriscono. Dai film di Greta Garbo a Arancia Meccanica, dai film di Hitchcok a quelli di Akira Korosawa tutti trattano di storie particolari, tanto da poter interessare il pubblico con qualcosa di diverso dal solito. Sono delle storie – per lo più inventate e interpretate , cioè recitate e finte – da attori diretti da un regista che travisa il testo del romanzo, della storia o dell'avvenimento reale secondo la propria visione e personalissima resa cinematografica.
Peggio fanno i cosiddetti “reality show” in cui giovani e meno giovani scapestrati si lasciano andare ai più raccapriccianti psicodrammi in contesti rigorosamenti chiusi alla realtà sociale  in cui vivono gli spettatori e che passano necessariamente per un canale a senso unico proprio verso gli spettatori, che pensano a torto di prendervi parte, senza rendersi conto di essere destinatari inconsapevoli di numerosi messaggi dal significato sociale ed economico.
Ed è così che parte della nostra cultura, della nostra società è stata sodomizzata, parte dei nostri concittadini distaccati e deviati rispetto al fluire sociale e storico della cultura e della libertà di pensiero per essere avviati a divenire “consumatori”, produttori di reddito e di prodotto interno lordo per far scorrere masse sempre più ingenti di denaro e di valuta, per inseguire in una corsa senza fine e senza traguardo, il supposto benessere, ottenuto mediante la produttività, sempre più spinta per “reggere la concorrenza” per lo più sleale e che opera in condizioni di mercato meno onerose per le grandi aziende e più inique per i lavoratori.

Sono stanco di vedere frotte di donnette che non fanno a tempo a lavare il musetto ai loro marmocchi la mattina per depositarli al nido o all'asilo a tempo pieno, correre affannate in auto al lavoro, cazzeggiare come le scemette dei reality con colleghe e colleghi (volevo dire compagni di lavoro, ma poi mi è sovvenuto che il termine sarebbe – secondo alcuni – desueto). Ingurgitare al pranzo varie porcherie prodotte da primare aziende alimentari o al meglio da ristorazione collettiva, anziché mangiare un pranzo degno di tale nome fatto secondo i canoni della dieta mediterranea. Tornare poi trafelate a riprendere i marmocchi se il marito o compagno non è ancora riuscito a fare la corsa di ritorno verso il depositato infante. Intrattenere vacui quanto veloci e superficiali rapporti sociali con insegnanti e genitori di altri pochi bimbi o ragazzini, cercando di correre in un traffico sempre più congestionato a fare due soldi di spesa per tornare al proprio dormitorio, accendere la tivù prima per la prole e poi per sé, senza osservare orari adeguati di riposo, bere le idiozie televisive e le mezze verità, quando non menzogne e false informazioni dei telegiornali, per andare di nuovo a letto – talvolta con fuggevoli rapporti amorosi che rendono auspicabili romantiche avventure con altre o altri – e rialzarsi la mattina dopo più stanchi e stressati del giorno prima.

A quando invece il vero benessere, in opposizione a quello televisivo-cinematografico, quel benessere che scaturisce dalla sufficiente quantità e qualità di lavoro, dal giusto ritmo, dall'”otium” nel quale contemplare opere d'arte, ascoltare e fare buona musica, leggere di cose di scienza e di cultura, amarsi senza fretta e con l'attenzione che questo merita, dedicarsi alla buona cucina ed ai giochi di società, il discettare e decidere con gli amici e con gli avversari delle cose della “res-publica”, senza le nefaste influenza e pseudo-educazione televisive?

lunedì 10 maggio 2010

Salviamo Julia Vorobjova, la donna dai raggi "X"

E' degno di Julia Vorobjova essere sostenuta per ciò che ha sofferto e ciò che a tanta gente ha dato, usando le sue speciali doti per rendere la salute alle persone in modo modesto, senza clamore e senza pretesa di essere nè medico nè guaritrice.
E' indegno dell'Ucraina odierna e della società civile del mondo lasciarla in stato di bisogno ora che è anziana, stanca e malata.
Facciamo una petizione in favore di Julia, che possa ricevere ciò di cui ha bisogno per vivere serenamente dalla società che ad ogni individuo deve solidarietà, fraternità e libertà dal bisogno. il collegamento all'articolo di Repubblica è : http://www.repubblica.it/esteri/2010/05/07/news/donna_russia-3875170/
Al governo della Repubblica Ucraina ed al suo Presidente Viktor Janukovyč ed anche 
al governo della Federazione Russa ed al suo Presidente Dmitrij Medvedev 
la richiesta mia e delle persone di buona volontà di aiutare Julia Vorobjova di Donetsk  in Ucraina.
Ercole Ysos

domenica 25 aprile 2010

Ma sono davvero morte le ideologie? Fondati sospetti sull'asserzione

Ma sono davvero morte le ideologie? Fondati sospetti sull'asserzione

La domanda sorge spontanea nell'ascoltare i vari soloni che fanno dichiarazioni televisive e giornalistiche, nel corso delle auto celebrazioni elettoralistiche e durante i diverbi di varia natura di cui sono protagonisti.
Se le ideologie fossero morte, non ci sarebbero più politici che le propugnano e sostengono con atti di varia natura ma sempre con grave impatto sull'italica società ed economie.
La dichiarazione di morte fu fatta a più riprese durante le campagne elettorali  dall'imbonitore televisivo e tecnico del multi-level che attualmente occupa una importante quanto sventurata carica dello stato. Lo scopo di tale dichiarazione era, come ancora è, quello di svilire gli avversari ideologicamente motivati ed eroderne la credibilità  nonché la fiducia.
Si tratta di una tecnica della comunicazione già attuata molti anni prima negli Stati Uniti d'America.
Quella attualmente vincitrice è un'ideologia becero-liberista, antidemocratica, aggressiva verso tutto ciò che non è ancora stato carpito a proprio favore, un culto della personalità in cui la figura principale è un imbonitore capace di cambiare in un istante ogni maschera e di compiere qualsiasi bassezza sia per lui conveniente in quel  momento, mentre i gregari sono opportunisti e trasformisti, irresponsabili sociali senza freni, dall'etica e moralità di pari bassezza di quella del loro duce o “condottiero” mediatico.
Al proposito e molto tempo prima, Polibio studiò in modo particolare il sorgere della potenza della Repubblica Romana che attribuì all'onestà dei romani ed all'eccellenza delle loro istituzioni civiche e militari, stigmatizzando la cosidetta “oclocrazia” che altro non è che una forma di degenerazione della democrazia, in quanto inevitabile conseguenza dei comportamenti demagogici legati all'ottenimento del consenso.
Come conseguenza, l'instaurazione di un sistema oclocratico ha come unico sbocco il ritorno alla monarchia o comunque di una forma dittatoriale.
Questo argomento è stato trattato anche da Benjamin Franklin ed altri scrittori repubblicani secondo i quali sono la mancanza d'etica e una eccessiva presenza di moralismo a spingere la democrazia verso la dittatura, mentre il processo inverso porta alla repubblica.

Solo quando sarà arrivato ad ottenere il risultato che si è prefisso, l'imbonitore televisivo e tecnico del multi-level potrà gloriarsi di aver provato e posseduto tutto: ricchezza, potere, e soprattutto l'immunità per le sue malefatte.
L'ideologia rappresentata ora al governo è dunque quella del “principe ideale” secondo Niccolò Machiavelli, le cui qualità principali sono:
- imitare il comportamento di grandi uomini a lui contemporanei o del passato,
- la capacità di mostrare la necessità di un governo per il benessere del popolo,
- il comando sull'arte della guerra - per la sopravvivenza dello stato;
- la capacità di comprendere che la forza e la violenza possono essere essenziali per mantenere stabilità e potere;
- la prudenza (questa gli viene sempre dopo aver fatto una qualche "sparata");
- la saggezza di cercare consigli soltanto quando è necessario (dai suoi consigliori, noti alle cronache giudiziarie);
- la capacità di essere "simulatore e gran dissimulatore";
- il totale controllo della fortuna attraverso la virtù (ma la sua virtù è quella dei personaggi degli spettacoli di "reality");
- la capacità di essere leone, volpe e centauro (leone forza - volpe astuzia - centauro come capacità di usare la forza animale con l'intelligenza dell'uomo).
Dunque, le ideologie non sono morte, sono soltanto state passate per qualcos'altro, utilizzando vari slogan nelle campagne elettorali e nella comunicazione giornalistico- politica.
Al solo fine di delegittimare le altre ideologie, quali quella tiepidamente socialdemocratica del PD, quella liberal-democratica degli ex repubblicani e della ex sinistra democristiana e in modo più conservatore - ma attento allo stato di diritto - dell'attuale presidente della camera dei deputati, quella di filone autenticamente progressista di vari raggruppamenti civici e di movimento che tanto filo da torcere danno a chi voleva morte le ideologie.

domenica 18 aprile 2010

Cattolici e “Comunisti” oggi; impietosa analisi dello stato di fatto

Il Partito Democratico risulta oggi essere un insieme di persone provenienti da aree apparentemente simili fra loro negli ideali, la ex sinistra democristiana e gli eredi del Partito Comunista Italiano.
Entrambi orfani di un passato forte in cui hanno avute parti di primo piano fin quando hanno creduto in quel che facevano: la diffusione e l'affermazione dei migliori ideali dell'ideologia cattolica i primi, la diffusione e l'affermazione degli ideali operaisti e bolscevichi i secondi, uniti negli ideali di eguaglianza, di comune possesso dei beni di produzione e distribuzione del reddito prodotto. Profondamente divisi dalle rispettive liturgie e dalla cieca fiducia o ”fide” nel vecchio e nuovo testamento i primi e dell'altrettanto solido ateismo e materialismo i secondi.
Fin quando ci hanno creduto, sono rimasti divisi dalle sostanziali differenze che hanno dato notevole lustro all'avanzare del paese, in un reciproco stimolo a far di meglio e di più, di proporre e ottenere condizioni di vita via via più vicine all'umano benessere, anche con il tentativo del “compromesso storico”.
Ma poi l'assedio economico-finanziario-militare durato dal 1945 fino al 1989 è sfociato nel riuscito “pressing” dei signori Zbigniew Brzezinski (ex consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, insignito della Presidential Medal of Freedom, facente parte della commissione Trilaterale insieme a membri del Bilderberg club) e Karol Wojtyla (nominato sovrano della città del Vaticano e Pontifex Maximus della chiesa universale di Roma) insieme coll'allora presidente degli Stati Uniti d'America l'attore Ronald Reagan e numerose altre comparse fra cui l'elettricista di Danzica Lech Walesa, al sistema economico militare dei paesi dell'ex Patto di Varsavia che è collassato sotto il peso delle spese militari imposta dalla corsa agli armamenti e dello scontento sociale.
Ciò ha dato il via alla caduta di presa sulla pubblica opinione di tutti i partiti che in qualche modo trovavano nel sistema dei paesi dell'ex cortina di ferro (erroneo e propagandistico nome poiché attraverso quella cortina andavano e venivano milioni di persone all'anno e merci di varia natura) un seppur vago riferimento, con molte sfumature nazionali.

L'inutile tentativo di ingraziarsi la chiesa cattolica

A seguito di quella perdita di riferimento, come anche del successivo tracollo della “balena bianca” e l'apparire dell'involutivo fenomeno del “leghismo”, la ricerca di nuovo ruolo per entrambi gli orfani dal forte passato li ha portati a riavvicinarsi nel comune ideale, dimenticando i vecchi contrasti e le loro ragioni.
Parte quindi da lontano il fondamentale errore strategico dei progressisti italiani di voler ingraziarsi la chiesa cattolica al fine di ottenere democraticamente  il tanto perseguito governo della repubblica. Esso tentativo parte dall'avvio della politica catto-comunista e anche della strategia del “compromesso storico” tanto voluto dai Berlinguer e dai loro successori.
Scelte e strategie politiche fallimentari che si sono scontrate con la realtà dell'inevitabile saldarsi di interessi fra le gerarchie ecclesiastiche e le destre conservatrici che ricomprendono tutto l'arco dei trasformisti della precedente balena bianca, la destra fascista, quella sedicente liberale, gli ex extraparlamentari reazionari, il partito-azienda privato “dell'amore” e simpatie mafiose e compagnia cantando.
Il tutto al fine di gestione del potere, nella sciocca convinzione di conservarlo e con la tacita e ferma volontà – da parte della ex nomenklatura - di mantenere le poltrone ottenute come figli e benvoluti dai membri dell'ex comitato centrale del partito. Ma le cose sono andate diversamente: a voi trarre le conseguenze.

sabato 17 aprile 2010

Affari internazionali: Cina, India ed altri

2011, Cina, India e altri nello sviluppo senza fine

I veri primi vincitori nello scontro della guerra politico-economico-militare fra il potentato capitalistico a guida anglosassone ed il potentato pseudo-comunista a guida russo-sovietica sono in realtà alcuni, ma il primo è un paese condotto da un partito conservatore che ha portate la popolazione e l'economia dai 50 milioni di morti per inedia degli anni cinquanta all'attuale prima potenza economica del pianeta: la Cina.
Questo grande paese la cui guida è saldamente in mano al partito comunista cinese è difatto divenuto anche una potenza globale dal punto di vista militare ed esprime anche una costante penetrazione culturale in tutti i paesi del vecchio e nuovo mondo. Si è cominciato con i ristoranti, il circo, il kung-fu e il cinema fantastico per passare alle produzioni a nero o sottocosto e all'acquisto degli immobili di interi quartieri ed agli investimenti diretti in Asia, Africa, Europa ed Americhe.
Questi dati di fatto – aldilà delle polemiche sulla correttezza delle statistiche ufficiali –  portano a considerare la vera portata dei cambiamenti indotti dalla “globalizzazione” nelle prospettive di crescita e di sviluppo dell'economia dei paesi ex industrializzati, ormai ridotti al ruolo di consumatori di lignaggio, come i “nobili decadenti” dopo la rivoluzione industriale che si sono trovati ad avere masse di denaro da spendere per acquistare beni e servizi nella truffaldina illusione di poter ricostituire le scorte a spese dei fornitori.
Senza nulla togliere alla capacità ed abilità dei dirigenti cinesi che hanno saputo applicare il principio giapponese del “Ju” alla lotta economica ed offrendo collaborazione a basso costo, il processo di trasferimento di tecniche produttive di varia importanza e complessità è stato avviato dai soliti noti proprietari e dirigenti di aziende multinazionali in cerca di facili guadagni: far produrre prodotti tangibili e prodotto logico secondo la tecnica considerata “di proprietà” a basso prezzo e rivenderli a prezzi correnti a casa propria e a casa di altri facenti parte del potentato a vario titolo.
Risultato: in molti si sono lanciati sull' “affare” hanno deindustrializzato il paese di provenienza, trasferiti gli impianti e le tecniche di produzione sorte progressivamente sfruttando le potenzialità offerte dal proprio sistema-paese, tolte prospettive di lavoro ai propri concittadini, depauperata la nazione della capacità di vendere prodotto all'estero e fatto pendere il saldo della bilancia dei pagamenti in favore di altri, pur meritevoli e di antica civiltà.
E ora? Ora niente; c'è da reinventare prodotti e tecniche produttive. Ma è dura, molto dura. Per arrivare nuovamente a ciò che si è dato via ci vogliono idee geniali e secoli di sviluppo per arrivare a soddisfare bisogni in larga parte già soddisfatti anche se a caro prezzo.
Anzi è evidente che ciò in cui si è investito da parte dei governi di molti paesi e nei consigli d'amministrazione di tutte le multi e trans nazionali - lo sviluppo senza fine - incontra i propri limiti spaziali, temporali e di risorse che sul globo terracqueo di mezzo miliardo di chilometri quadrati sono limitate e non infinite.
Tornare indietro non si può e non sarebbe neanche giusto nei confronti di grandi paesi di antica civiltà che stanno migliorando le loro condizioni generali di vita. Morale: bisogna cambiare stili di vita, consumi, modalità di consumo e gestione delle risorse. Compito tutt'altro che facile per tutti i governanti e parlamentari che sono entrati in politica per imporre con la forza di leggi scritte e tacite agli altri cosa, dove, come, quando e perchè fare.

Ercole Ysos
 

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